giovedì 30 settembre 2010

Omissione: semantica e polarizzazione

Mi sono ritrovato a discutere con una collega sull'uso del verbo omettere, e del suo sostantivo omissione, e sulla possibilità di riferirli a qualsiasi azione non realizzata o solo a quelle previste, oltre che da una norma (e quindi nella sua accezione giuridica), anche solo da una consuetudine o aspettativa.

Esempio:
- Perché hai omesso che c'era anche Giuseppe?
- Non l'ho omesso, l'ho tralasciato credendo non fosse quello che mi stavi chiedendo.
- Ma se sai benissimo che mi interessa molto. Non me l'hai detto apposta!
- Semplicemente non te l'ho detto; ero obbligato?
- No, ma ci sono rimasta male, non me l'aspettavo da te.

L'omissione secondo me può essere riferita, non diversamente dal suo significato giuridico, solo al consapevole mancato svolgimento di una azione cui si era tenuti da un qualsiasi vincolo, anche di tenue valore, in assenza del quale l'uso del termine risulta improprio.
In questo senso omettere non è sinonimo, come invece indicato dalla maggior parte dei dizionari, di tralasciare, ma ne rappresenta uno dei possibili contrari.
Purtroppo non ho trovato rispondenza di questo mio ragionamento in alcun testo da me consultato.

4 commenti:

Arci ha detto...

se non me ne dimentico lo cerco sul Tommaseo e ti faccio sapere ;)

Anonimo ha detto...

omettere come CONTRARIO di tralasciare?

mi ricorda tanto le convergenze parallele

equilibrismo semantico (rischioso)

la nuova Babele...la fine del mondo...

;)
per fortuna ci sono le vie di fuga (leggi Massaro)

Arci ha detto...

Il Tommaseo dice che si omette UN FATTO che si doveva fare.

Mentre tralasciare riguarda qualcosa che si stava iniziando o si intendeva iniziare.

Quindi hai ragione: mi pare che la differenza ci sia eccome!

Ugolino Stramini ha detto...

ARCI, scusami, hai ragione. Ti ringrazio dell'informazione. Tardavo a risponderti perché speravo, non conoscendo il Tommaseo, di fare un salto in biblioteca e consultarlo di persona.
Cosa che farò e di cui darò conto.